Terminator – Destino Oscuro è il nuovo tassello di una delle più longeve saghe della storia del cinema. Questa volta dietro la macchina da presa non c’è James Cameron – che figura comunque come produttore – bensì Tim Miller, regista del primo sfacciato (letteralmente, visto il soggetto!) film incentrato su Deadpool, il mercenario chiacchierone. Con un’abile gestione dello spazio ma soprattutto del tempo, il film riporta sul grande schermo Linda Hamilton e Arnold Schwarzenegger nelle loro versioni giovani e più mature, affiancati da Mackenzie Davis, Diego Boneta e Natalia Reyes.
Collegandosi perfettamente alla fine del secondo capitolo della saga – e quindi dei due film firmati da Cameron – ed evitando abilmente i tranelli e le incongruenze maturate lungo il percorso dai vari sequel, Terminator – Destino Oscuro riprende alla perfezione il filo del discorso dove si era interrotto: il già citato Cameron, tornato finalmente in possesso dei diritti di sfruttamento cinematografico, ci mette lo zampino affidando la regia a Miller, che fa dell’eccesso visivo e pirotecnico la parola d’ordine di questo nuovo tassello.
Parlare di Terminator: Dark Fate senza fare spoiler è impresa pressoché impossibile. Per cui vi consiglio di leggere quanto segue solo DOPO aver visto il film.
La storia riparte 27 anni dopo la distruzione della Skynet da parte di Sarah Connor. Siamo in New Mexico quando un nuovo modello di Terminator modificato in metallo liquido, il Rev 9, intraprende la sua caccia per eliminare la giovane Dani Ramos (Natalia Reyes). Per proteggere Dani, dal 2049, arriva Grace (Mackenzie Davis), un soldato fisicamente ibridizzato che è disposto a tutto per cercare di tenere in vita Dani, ma le donne saranno costrette a chiedere aiuto per poter cercare di sconfiggere il Rev 9; sostegno che troveranno in un vecchio modello d T-800 (Arnold Schwarzenegger), lo stesso che ha ucciso John Connor.
Canovaccio action a parte, dove si procede per inerzia, con il Rev-9 (neanche più chiamato Terminator) che esplode, si liquefa, si rimodella, si sdoppia e chi più ne ha più ne metta.
La sceneggiatura fa abbastanza acqua da tutte le parti: milioni di cose non vengono spiegate e forse è un bene, dato che quando ci si prende la briga di spiegarle ci si trova di fronte a un T-800 che non sembra una macchina assasina.
Il problema principale dei sequel di Terminator è sempre stato solo uno: I primi due film del franchise sono stati concepiti per essere totalmente auto-conclusivi. Terminator 2 – Il giorno del giudizio era è resta la degna conclusione.
VOTO FINALE: 4
RECENSIONE DI PRAITS