Recensioni

Nosferatu: la nostra recensione di un buon remake

Il 2025 si apre col ritorno in morte del vampiro ispirato a Dracula: Nosferatu di Robert Eggers oscura le sale italiane mediante grigiore e cupezza per restituire luce e redenzione alle nostre ombre interiori.

La storia si dipana senza enormi differenze rispetto all’originale Nosferatu (1922) di Friedrich Wilhelm Murnau o al primo remake Nosferatu – Il principe della notte (1979) di Werner Herzog.

Nella Germania di metà Ottocento, Thomas Hutter (Nicholas Hoult) è un giovane agente immobiliare che riceve un’importante offerta di lavoro dal suo datore Knock (Simon McBurney): dovrà raggiungere un facoltoso cliente in Transilvania, il Conte Orlok (Bill Skarsgård), lasciando per qualche tempo la moglie Ellen (Lily Rose-Depp) in affidamento ai coniugi e amici Friedrich e Anna Harding (Aaron Taylor-Johnson e Emma Corrin).

Il nobile rumeno si rivela in realtà un vampiro (“nosferatu” in rumeno significa proprio “vampiro”) con interessi sanguinari e una particolare attrazione nei confronti di Ellen. Proprio quest’ultima, in assenza del marito, è vittima di alcune crisi epilettiche e attachi di “malinconia” (termine usato per indicare la depressione, di cui si conosceva fin troppo poco all’epoca). Viene dunque sottoposta alle cure del dottor Wilhelm Sievers (Ralph Ineson), il quale, non riuscendo a trovare una spiegazione nella scienza, si rivolge a un suo vecchio maestro con la passione per l’occulto, il professor Albin Eberhart Von Franz (Willem Dafoe). Da qui in avanti, solo la padronanza dell’arcano e dell’imperscrutabile di Von Franz riescono a concretizzare una risoluzione della sovrumana minaccia del Conte Orlok.

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Era necessario l’ennesimo remake? Dipende. Un rifacimento assume valore se, come in questo caso, incarna una visione artistica in grado di rivitalizzare il racconto. Al contrario, si può parlare di film inutili nel momento in cui si produce una riproposizione smunta e banale in pieno stile Disney (vedasi Maleficent, Aladdin, Il re leone e via dicendo).

Lo sviluppo del film non è stato immediato, tanto da essere annunciato ben dieci anni prima dell’uscita in Italia, nel 2015, dopo il successo dell’opera prima (e che opera prima) di Eggers: The VVitch. Nel frattempo ne sono stati rilasciati altri due con apposta la stessa firma: The Lighthouse (2019) e The Northman (2022), i quali hanno permesso al cineasta di guadagnare maggiore credibilità e delineare uno stile riconoscibile.

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Frutto di una notevole maturazione artistica di Eggers, il risultato finale è un’opera solida con vari punti di forza e alcuni di debolezza.

In rappresentanza dei primi, spiccano senza dubbio: i costumi curati da Linda Muir, che adornano con cura gli interpreti; le prostetiche del conte Orlok create da David White, che formulano un nuovo modo di immaginare il vampiro nel suo ricalcare più fedelmente i tratti di Vlad III di Valacchia (originaria ispirazione per il conte Dracula); l’attenzione riservata alle lingue, tra cui lingua daca, rumeno e romaní; la fotografia di Jarin Blaschke, che dipinge atmosfere di una cupezza trascendente; le interpretazioni di Lily Rose-Depp, Bill Skarsgård e Willem Dafoe, che plasmano i personaggi a mo’ di demiurghi.

Nonostante ciò, alcuni tentennamenti emergono: su tutti, alcune forme di esposizione – per utilizzare un termine da sceneggiatori, divenuto ironicamente ‘o dimo nella quarta stagione di Boris (2007-2010 e 2022) – che raccontano degli eventi passati vissuti da Ellen senza però sciorinarli adeguatamente, privando dunque il pubblico di rappresentazioni più nitide.

Nosferatu recensione 4

Ne risulta un film che vale la pena guardare per la sua rivisitazione narrativa e la sua rappresentazione artistica, le quali riflettono in coppia su una questione immortale: l’oscurità insita in noi va uccisa o accolta?

Dal 1° gennaio in tutte le sale italiane! Tenetevi pronti a immergervi nel buio e fuoriuscire risplendendo.

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